Eugenio Giliberti

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<<< di colore emulsionati con cera naturale, si dispongono secondo una logica combinatoria, frutto di una opzione stabilita a priori. I colori scelti corrispondono infatti ai numeri degli Indici di Giacomo Leopardi, vergati dal poeta e oggi conservati alla Biblioteca nazionale di Napoli per offrire una traccia di lettura secondo gli argomenti del suo Zibaldone. Le scritte sulle tele, teorica delle arti, lettere, ec, trattato delle passioni, della natura degli uomini e delle cose, memorie della mia vita  ricalcano le sezioni degli indici e alludono ai contenuti dell’opera, ma l’andamento dei quadrati colorati procede invece secondo la successione astrattamente prestabilita, spostando l’attenzione, anzi costringendo a focalizzare l’attenzione non tanto sulla natura simbolica del procedimento quanto invece sulla libera casualità delle alternanze dei colori, delle dimensioni dei singoli moduli, del loro disporsi sulla superficie. E così, come nella sua lettera al padre Leopardi ne impetrava la clemenza per la sua ‘strana immaginazione’, l’immaginazione di Eugenio Giliberti ci porta senza mediazione nel suo universo creativo, la cui chiave interpretativa è il metodo e la pratica del suo fare di uomo e artista a tutto tondo, di stampo rinascimentale, in cui le discipline diverse si fondono nel raggiungimento dello scopo etico ed espressivo.

Se le tele con i quadratini dipinti sono una costante nell’opera dell’artista - in quanto precipitato ‘estetico’ dei suoi meccanismi inventivi - affascinante e produttivamente differente ne è qui la resa formale con l’effetto di un decorativismo in cui la nozione perde ogni connotato di vacua superfluità per attingere a una definizione autenticamente significativa: la bellezza e la forza di una sintassi tutt’altro che puramente astratta ma stringente nella sua ‘logica’.>>>

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durante l'inaugruazione